“Gli altri uomini stanno ad ascoltare mettendoci tutta la loro pazienza perché lo considerano parte del lavoro di seduzione che porta alla scopata. E’ per questo che gli uomini parlano con le donne, di solito: per portarsele a letto. Tu te le porti a letto per parlare con loro. Gli altri uomini lasciano che comincino a raccontare le loro storie, poi, quando pensano di essersi mostrati attenti quanto basta, spingono gentilmente quelle labbra in movimento giù giù verso la loro erezione” (Philip Roth, Inganno, 1990).
Le statistiche ufficiali si fanno sempre più fitte di notizie, specialmente in estate. E specialmente in alcune riviste, ma non solo. Se l’indagine ISTAT (“Separazioni, divorzi e affidamento dei minori” – luglio 2004) ricordava che nel periodo 1995-2002 le separazioni in Italia hanno avuto un incremento del 52,2% e i divorzi del 54,7%; facendo un passo a monte, l’autorevole Corriere della Sera già nel maggio 2006 ricordava che 7 persone su 10 – di entrambi i sessi – tradiscono sistematicamente il proprio partner. Ma facendo un passo ancora più indietro, sul portale Fastweb in pieno agosto 2007 si sentono addirittura in dovere di riportare uno studio dell’Università di Granada (beati loro che analizzano tali argomenti) secondo cui “le difficoltà sessuali coinvolgono oggi il 24-43% delle donne” e sarebbero perlopiù dovute alla carenza di immaginario erotico che “gioca un ruolo capitale nel 90% dei successi”. Insomma: niente fantasie, niente godimento; quindi occhi puntati altrove e tradimento; e, per chiudere la storia, separazioni e divorzi! E, guarda caso, è tutta colpa delle donne!
Fortunatamente l’immaginario erotico non lo costruiscono i ricercatori in psicologia ma, più sovente, i letterati. E fra questi Philip Roth che con Inganno – a detta della quarta di copertina – “si pone all’estremo della narrativa contemporanea”. Questo, forse, perché costruisce un artificio letterario in cui due amanti, chiusi nel loro nascondiglio, su di un letto che poi non è nemmeno tale, parlano di qualsiasi cosa. “L’intimità post coitum. E’ questo l’argomento” a detta dello stesso autore. Bell’espediente, si potrebbe dire. Bel modo per poter dire tutto ciò che passa per la testa, in forma di dialogo. Altro che Platone, altro che romanzi epistolari! Ma perché INGANNO?
Una prima lettura moralistica fa accoppiare acriticamente l’inganno e il tradimento; sarebbe, cioè, semplicemente il fatto di tradire e tutti i sotterfugi a ciò collegati. Ma scorrendo le pagine del libro, si fa strada il dubbio che Roth impieghi tutte le sue capacità letterarie per operare una continua inversione logica: l’inganno non è che una scusa per recuperare ciò che attualmente è sempre più sottratto alla vita di coppia, cioè il dialogo e il ragionamento. E l’inganno è appunto nell’artificio stilistico che costringe il lettore a un continuo piano speculativo camuffato da narrazione. Prima e dopo (anche durante?) il più materiale degli atti, c’è una continua necessità di trascenderlo, mediante parole e discorsi su tutto. Un nuovo Simposio, via!
Ma questa nostra analisi sarebbe sufficiente soltanto se i due amanti fossero realmente costretti in una dimensione a-storica e a-stratta. Invece le quattro mura del loro nascondiglio non li sottraggono a una realtà sociale che è anche la nostra, con buona pace delle statistiche estive. Per cui l’inganno non è che una denuncia della pressione sociale cui sottostiamo: la quotidiana pretesa di nascondere la potenza-chiave della razionalità, voler far sembrare un delitto ogni attività umana rivolta al ragionamento e alla comprensione. La pressione sociale tutta “chiusura e distrazione” che relega il piano razionale a un mero soddisfacimento pratico di ciò che più conterebbe, cioè la sfera emozionale e istintiva (e in primis quella sessuale). Nelle pagine di Roth, invece, “confronto e apertura” reclamano il loro spazio, sebbene appaiano tra le lenzuola di due amanti nascosti. Che sembrano ricordarci quanto siamo acriticamente abituati al trionfo del piano emozionale. E che, quando poi lo razionalizziamo, pensiamo di aver perso qualcosa, senza saper vedere i passi avanti che abbiamo fatto. L’inganno sociale.
Walter Franklin
